Le parole sono importanti. Lo diceva Nanni Moretti nel film “Palombella rossa”, ce l’hanno ripetuto i nostri insegnanti a partire dalle elementari. Tanto importanti che riescono a dare forma ai nostri pensieri e, soprattutto, ai nostri stati d’animo come gioia, tristezza e malinconia che si alternano frequentemente nelle nostre giornate.

Appartengo a una generazione, quella dei 30/40enni entrati nel mercato del lavoro o affermatisi professionalmente nel post crisi economica del 2008, chiamata, una volta conclusa questa crisi, a rimboccarsi di nuovo le maniche e a mettersi in discussione, puntando sull’innovazione e le competenze. Ci troviamo nel mezzo tra i nativi digitali e chi invece, partito da un mondo di carta, si è trovato a fare i conti con l’evoluzione tecnologica, a pensare in digitale abbandonando l’analogico.

Tutti, chi più chi meno, stanno raccontando attraverso i propri profili social le emozioni, le riflessioni e i punti di vista sulla pandemia del 2020. La “microstoria” (quella di ciascuno di noi) che contribuisce alla narrazione della “macrostoria” (l’epidemia del Coronavirus). Nel glossario di questi giorni sono entrate parole come pandemia, lockdown e webinar, che non avevamo quasi mai usato. Senza dimenticare le diffusissime espressioni come “restiamo a casa”, “andrà tutto bene”, “non molliamo”, “ce la faremo”, “distanti ma uniti”, “ci riabbracceremo presto”. Così utilizzate da diventare hashtag dei profili e pagine social e gli elementi portanti della comunicazione di brand piccoli e grandi, che hanno calibrato su queste onde emotive le proprie campagne. È interessante osservare come, sin dai primi giorni dell’emergenza, i quotidiani nazionali abbiano ospitato pagine pubblicitarie con grafica minimal e un testo, in molti casi a firma dell’amministratore delegato, con un messaggio di sostegno agli eroi dell’emergenza, medici e paramedici in prima linea nella lotta al virus. Un momento storico che ha avuto nell’arcobaleno il simbolo più forte ed evocativo.

Non solo grandi brand, anche le PMI e gli studi professionali, si sono attivati per lanciare il proprio messaggio. Tra i casi più significativi c’è quello di CLE, PMI innovativa pugliese attiva nel settore IT, che ha raccolto le testimonianze dei propri dipendenti in smartworking nel video motivazionale #CleNonMolla. “Sono giorni difficili per tutti ma noi non ci siamo fermati”, “Grazie allo smart working e al lavoro agile siamo sempre al vostro fianco”, “Noi restiamo a casa per la salute di tutti ma non ci fermiamo per il bene dei nostri clienti e del nostro Paese” sono alcune delle frasi contenute nel video, un documento che evidenzia l’impegno e la vicinanza ai clienti in un momento difficile.

La comunicazione dei brand si è poi focalizzata sulla gara di solidarietà a favore delle strutture impegnate nel fronteggiare l’impatto del virus sul sistema sanitario e su quello economico, che ha colpito tanti lavoratori già nella prima fase della crisi a causa delle serrate indicate nei DPCM. Dai messaggi di speranza si è passati al racconto delle buone prassi sociali, in modo “urlato” attraverso campagne pubblicitarie sui giornali o in tv, oppure raccontato in contenitori mediatici creati ad hoc. Tra questi, segnalo la bella iniziativa dell’agenzia ANSA, che ha deciso di dedicare una sezione del portale alle storie delle imprese, piccole e grandi, che si sono attivate per l’emergenza. Ognuno merita il proprio posto in questa bella storia di creatività italiana e di determinazione. Se comunicate bene, queste attività possono diventare lo stimolo per il rilancio e la crescita.

Di Giuseppe Alviggi

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