Marketing delle professioni, qualcosa sta cambiando.

Dal 2006, come è noto, il Decreto Bersani ha liberalizzato la cosiddetta “pubblicità” per i professionisti e per gli studi professionali. Negli ultimi anni stiamo assistendo a una crescita culturale e a una maggiore consapevolezza della parola marketing da parte di questo mondo (per approfondimenti vedi l’articolo di Isabella Fusillo pubblicato da 4clegal).

Sebbene nel sopra citato Decreto si faccia espressamente riferimento alla parola “pubblicità”, (ovvero l’art. 2 abroga al punto B) il divieto, anche parziale, di pubblicizzare i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto e il prezzo delle prestazioni)  per mia formazione, cultura ed esperienza, questa parola mal si accosta al professionista. Basti pensare alla categoria dei medici, notai, avvocati, commercialisti, con le quali la parola pubblicità è qualcosa che stona e risulta – a mio avviso – anche controproducente. Seppure nei primi anni dall’approvazione del Decreto si siano registrati esempi (spesso opinabili) di iniziative pubblicitarie, oggi sembra che, sia nel mondo delle professioni che nell’utenza che osserva e sceglie, sia maturata la consapevolezza che il modo migliore per farsi notare, e per l’utenza valutare, non è acquistare o leggere una pagina pubblicitaria di un quotidiano oppure mettere la propria foto su un manifesto per autoproclamarsi e definirsi il migliore di tutti, ma rendersi visibile attraverso la comunicazione e l’informazione relativa al proprio settore di competenza, mettendo in evidenza i propri contenuti e le proprie capacità. La parola marketing per un professionista è molto più vicina a strategia, posizionamento, a identità, che a pubblicità e vendita. Per un professionista, fare marketing vuol dire creare valore; vuol dire pianificare delle attività per raggiungere degli obiettivi; vuol dire costruire un percorso di crescita coerente con le proprie competenze e con la propria professionalità, creando un’immagine adeguata al posizionamento ricercato.

Come la mettiamo con la comunicazione? Che ruolo ha? Perché fare pubblicità, che è pur sempre una forma di comunicazione, non è la soluzione più adatta per un professionista?

Procediamo con ordine. Come sopra accennato, la comunicazione per un professionista/studio professionale va adeguata al contesto e alla tipologia di professione da promuovere. Nella pianificazione di marketing si devono definire tutte le attività e le strategie da mettere in campo per il raggiungimento del proprio obiettivo, nel breve, medio e lungo periodo. Il compito della comunicazione sta appunto nel divulgare a un pubblico, il più targettizzato possibile, i punti di forza del professionista, attraverso la diffusione di contenuti. Oggi più che mai i canali di comunicazione disponibili per un professionista sono molteplici. Già solo guardando al web si contano numerosi canali e strumenti disponibili: piattaforme social, blog, newsletter, ecc. Compito del marketing sta anche nella scelta del canale e dello strumento più adeguato al messaggio da veicolare. Ma non è sufficiente, bisogna costruire una strategia. È proprio nella definizione di quest’ultima che si individuano i contenuti da divulgare più adatti al canale e alla piattaforma scelta di comunicazione, si pianificano iniziative che poi dovranno essere comunicate nel modo, nel tempo e nel luogo giusto.

Insomma, la comunicazione ha un ruolo fondamentale nel marketing delle professioni. Per rispondere al perché, a mio avviso, la pubblicità resta lo strumento meno idoneo per la maggior parte dei professionisti e per la maggior parte dei casi, riporterò alcuni esempi. Scegliereste il vostro dentista, oppure il vostro avvocato per averlo visto su un manifesto pubblicitario dove si autopromuove per la bella sede dei suoi uffici o perché vi propone delle cure a basso prezzo, codice deontologico permettendo?

Probabilmente se invece vi foste imbattuti in un blog professionale, oppure in un articolo pubblicato da un’autorevole testata giornalistica, dove il dentista del nostro esempio viene citato e sentito come esperto per un ambito specifico delle cure dentali – magari proprio quella che vi affligge da molto tempo –  prendereste in considerazione la possibilità di contattarlo per un consulto. Le parole chiave per la scelta di un qualunque professionista sono “reputazione” e “fiducia”. La reputazione è data da quello che gli altri pensano di noi, dalla percezione e dalla considerazione che il mondo esterno ha della nostra persona, del nostro brand, della nostra professionalità. La fiducia è l’aspettativa che si genera nei nostri confronti in quanto ritenuti idonei allo svolgere un determinato compito. Le espressioni “il mio medico di fiducia”, “il mio avvocato di fiducia”, “il mio consulente di fiducia” non a caso sono di uso comune.

Il Marketing delle professioni può essere anche definito come marketing relazionale. Da quando esiste il mondo, il passaparola è sempre stato e sempre sarà la forma di marketing più efficace, specie se il consiglio non interessato ci arriva al momento giusto e proprio per rispondere alla nostra esigenza palese o latente. Tutti possiamo riconoscerci in questa dinamica classica di domande e risposte: “Sei sicuro che è bravo?  – Certo l’ho provato io, è veramente bravo. – Ok allora quasi quasi ci faccio un pensierino e lo chiamo, magari mi risolve quella situazione”. Il passaparola è sempre attuale e vale sempre anche se cambiano i mezzi e gli strumenti. I social network ne sanno qualcosa. Quello che un professionista o uno studio professionale deve fare è creare le condizioni affinché la comunicazione riesca ad innescare un processo virtuoso di diffusione dei propri contenuti, peculiarità e competenze, lavorando sulla crescita della fiducia presso il pubblico, i media e gli stakeholder rivelanti, per conquistare spazi autorevoli di visibilità utili anche all’accrescimento della reputazione.

Il Marketing applicato al mondo delle professioni – avvocati e studi legali, medici e studi medici, dottori commercialisti, notai e studi notarili ecc. – non può essere gestito come se ci occupassimo di una scatola di biscotti oppure di una splendida auto.

Non c’è nulla di più sbagliato.

Di Antonio Vitolo – Direttore Responsabile